E’ chiaro che Vladimir Putin sta andando avanti con il suo confronto con l’Occidente come desiderano molti del suo cerchio; ma proprio come è avvenuto con Adolf Hitler, saranno proprio loro che lo cacceranno quando cominceranno a percepire le prime sconfitte, o il suo regime inizierà la discesa verso un salasso militare ed economico, sostiene Igor Eidman.
L’analista di Mosca mette in guardia contro alcune aspettative che Putin possa affrontare un colpo di palazzo, con un argomento basato su un ampio confronto tra il regime di Putin e quello di Hitler.
Il fascismo, Eidman sostiene, “è una malattia delle democrazie immature”, la Germania è uno dei molti paesi europei che lo hanno sofferto nel 1920, e la Russia, è affetta ora, con una politica e un sistema sociale che sono “approssimativamente al livello” di quei paesi. Infatti, “tanto della storia della Germania dal 1918 al 1938 e della Russia dal 1991 al 2015 corrisponde sorprendentemente”.
I punti, sottolinea il commentatore, sono cinque somiglianze. In primo luogo, egli paragona la Germania del 1918 alla Russia del 1991. Dopo la sconfitta in guerra, hanno perso il territorio ed i loro imperi, entrambi si sono sentiti insultati e feriti, entrambi hanno sostenuto d’aver perso per un presunto “coltello nella schiena”, ed ambedue hanno cercato vendetta delle loro sconfitte.
In secondo luogo, come molti altri critici, paragona la Germania di Weimar con la Russia di Eltsin. Entrambi hanno sofferto impressionanti cali del tenore di vita, l’indebolimento dei valori tradizionali e “la commercializzazione di tutti gli aspetti della vita”, la delusione con la democrazia e la continua popolarità dei gruppi restauratori.
In terzo luogo, Eidman indica le similitudini tra le vie percorse per arrivare al potere tra i due leader, i quali entrambi sono stati appoggiati da grandi imprese e politici borghesi. Sono stati aiutati dai parenti stretti dei precedenti governanti, ambedue hanno beneficiato della volontà degli oligarchi per un forte sovrano che potesse “proteggere i loro capitali e i privilegi” da una popolazione arrabbiata per l’instabilità.
In quarto luogo, egli osserva, tutt’e due hanno istituito un regime fascista. Hitler ci ha impiegato un anno, mentre Putin in 15 anni non è ancora riuscito a delinearlo del tutto. La ragione principale della lentezza di Putin a questo proposito, è che “a differenza di Hitler, Putin non proveniva dalla politica pubblica”, ma dai servizi di sicurezza.
Per quinto, Eidman confronta il regime di Hitler pre-1939 con il periodo di Putin di oggi.
Entrambi i leader hanno fissato come loro obiettivo principale “la vendetta per la sconfitta dei loro predecessori” e “il ripristino del precedente status del paese, come superpotenze nei loro confini storici”, un qualcosa che richiede una “politica estera d’annessione”.
Sul piano nazionale, hanno istituito un sistema di capitalismo monopolistico di Stato sotto il dominio di un “leader nazionale”; de jure (Hitler) o di fatto (Putin) hanno distrutto il sistema multipartitico che era esistito, sottoponendo l’opposizione alla repressione, del tutto nel caso di Hitler, mentre selettivamente nel caso di Putin. Hanno elevato il ruolo dei servizi speciali ad altezze inaudite.
Entrambi hanno trasformato i mezzi in agenti di propaganda del governo, promuovendo “un’ideologia sciovinista e xenofoba di stato e il militarismo”. Tutt’e due hanno incitato l’odio contro uno o vari paesi esteri. Hanno spinto il concetto di “cospirazione straniera”, come se i loro paesi fossero delle “fortezze assediate” e che qualsiasi opposizione fosse “una quinta colonna”.
– La somiglianza della Russia di Putin, con la Germania di Hitler sono evidenti, non ci sono molte differenze – scrive Eidman. La principale disuguaglianza è che “il processo di controllo delle autorità sulla società russa non è ancora stato conpletato”. Il terrore resta selettivo, non ci sono molte discriminazioni etniche e ci sono ancora alcuni avamposti di libertà nei media.
Ciò che è importante ricordare, continua, è che “Putin e il suo entourage, a differenza dei nazisti, non sono nazionalisti non etnici, ma piuttosto sciovinisti e clericali”. In proposito, la Russia di Putin assomiglia più alla Spagna di Franco, Horthy in Ungheria, o il primo Mussolini in Italia. Ma, come nella Germania di Hitler, le rimanenti libertà sono sempre più limitate.
– C’è un modo per uscire da questa situazione? – si chiede Eidman e suggerisce – che le speranze di una specie di colpo di palazzo siano illusorie, perché nella Russia di Putin, la classe dirigente è unita, tutti i dirigenti hanno fatto una loro scelta fascista e tutta la ricchezza della Russia è nelle loro mani. Per questo, sono stati costretti a “imitare riforme democratiche … ma non appena la privatizzazione sarà completata, la democrazia diventerà inutile e anche pericolosa” perché minaccia un cambio di potere, di conseguenza un cambiamento nel possesso delle cose. Non sorprende che, come Putin, l’élite veda l’autoritarismo come il loro santo protettore.
Di conseguenza, Eidman conclude, ci sono solo due possibili direzioni per la Russia: “ulteriori passi verso il fascismo, minacciando il paese con il terrore e il mondo con la guerra, o un collasso economico e il crollo del regime; ma lui, per essere rovesciato, deve prima iniziare a soffrire di evidenti rovesci.

GB

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