I decenni successivi che avevano visto la collaborazione tra Mikhail Gorbachev e Ronald Reagan per porre fine alla guerra fredda, sono molto cambiati: la scienza e la tecnologia hanno rimodellato la comunicazione globale, la finanza e la cultura; il terrorismo e l’estremismo violento minacciano la stabilità globale, mentre i cambiamenti climatici minacciano il pianeta stesso; ma un truce elemento dell’ordine della vecchia guerra rimane una costante: l’umanità possiede ancora le conoscenze e gli strumenti per auto-distruggersi con le armi nucleari, una capacità che è sempre più al di fuori del costante controllo delle due alleanze impegnate a mantenere le versioni dello status quo. Come si dovrebbero comportare i pensatori e i politici odierni per affrontare le minacce nucleari attuali e future? Scegliendo come guida uno dei giganti dell’epoca precedente: Andrej Sacharov, un fisico nucleare russo che era in prima linea nello sforzo per costruire le armi più distruttive della storia, ma alla fine ne ha capito i pericoli e ha iniziato una campagna per eliminarle. I suoi crescenti conflitti con le autorità sovietiche, hanno reso la sua immagine a simbolo globale del dissenso politico e del movimento dei diritti umani, tanto che, per il suo attivismo e coraggio, gli è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace nel 1975. La comunità scientifica ha un ruolo di primo piano da svolgere nel cercare di mitigare i pericoli che i progressi scientifici spesso portano con loro benefici; ma non bastano le mere avvertenze, come illustra il viaggio di Sakharov da eroe sovietico a inflessibile dissidente, i consigli devono essere informati e supportati da attivismo politico, esempio morale e strategia pratica.
Al momento della sua morte, nel 1989, Sakharov aveva dimostrato il suo indomito coraggio nel parlare apertamente e nel cercare la verità, anche a costo della propria libertà. La sua insistenza sul potere della comunicazione è una parte di ciò che rende oggi rilevante il suo attivismo: secondo lui, solo progredendo nella creazione di società democratiche aperte, con la libertà d’informazione, di coscienza e di espressione, si può evitare la guerra nucleare, che è il maggior pericolo del mondo moderno. Spogliato dei suoi onori e costretto al confino nel tentativo di farlo tacere, Sakharov continuò a scrivere senza mai perdere la speranza; la sua resistenza alla persecuzione ha ispirato i ribelli politici di tutto il mondo, mentre il suo esempio ha emulatori anche oggi.
Per il giovane Sakharov, come per la maggior parte dei cittadini sovietici, la seconda guerra mondiale fu una elementare lotta per la sopravvivenza. Il senso di lotta eroica e sacrificio collettivo sono stati i temi ricorrenti del pensiero di Sakharov, come ha dato un fondamentale contributo nel dopoguerra per comprendere la fusione nucleare e le sue applicazioni sia per l’uso civile che militare. La sua rabbia per i crimini di Stalin era subordinata a un senso nazionale: nei tempi difficili la sofferenza e il sacrificio sono delle risposte necessarie. Dal punto di vista applicativo lui vedeva il suo lavoro sulla bomba all’idrogeno come necessario all’Unione Sovietica per tenere il passo con il suo rivale: gli Stati Uniti. Come ha fatto notare: “Quello che era più importante per me in quel momento … era la convinzione che il nostro lavoro fosse essenziale …. Ho capito, naturalmente, la terrificante natura disumana delle armi che stavamo costruendo; ma anche la guerra finita di recente era stata un esercizio di barbarie; e … mi sono considerato come un soldato in questa nuova guerra scientifica”.
Sacharov non ha partecipato al programma dello sviluppo della prima bomba atomica sovietica, testata con successo nel 1949; ma è stato parte integrante nello sviluppo della sua succeditrice che era ancora più devastante, perché percepiva che aiutare i sovietici a raggiungere la parità nucleare, a sua volta avrebbe aperto la strada per un controllo nucleare, quindi favoriva ad invertire la corsa agli armamenti. Facendo riferimento al lavoro che gli scienziati sovietici stavano facendo nel 1950, Sakharov ha ricordato durante la sua prima visita negli Stati Uniti nel 1988 che “…lo stesso tipo di lavoro che è in corso qui. Gli scienziati americani … sono guidati dalle stesse sensazioni che questo lavoro sia di vitale importanza per gli interessi del paese …. Non sapremo mai se sarà proprio vero che il nostro lavoro contribuirà al mantenimento della pace nel mondo per un certo periodo di tempo, ma almeno al momento in cui noi stavamo operando, eravamo convinti che fosse così”.
Il viaggio di Sacharov nel mondo del dissenso non era unico, molti altri scienziati nucleari erano arrivati a capire i terribili rischi che creava il loro lavoro e cercavano di mitigarlo. Dopo il test sovietico, Washington era dibattuta se sviluppare e testare un’arma ancora più devastante, un dispositivo termonucleare a due stadi, diventata nota come la super o bomba all’idrogeno. Due dei giganti scientifici dello sforzo nucleare americano, Enrico Fermi e I.I. Rabi, hanno scritto in un addendum personale: “E’ chiaro che l’uso di una tale arma non può essere giustificata per nessun motivo etico, perché ogni essere umano ha una certa individualità e dignità anche se è residente in un paese nemico”; ma il presidente Harry Truman, preoccupato del mantenimento del vantaggio degli Stati Uniti, ha ordinato il proseguo del programma.
Mano a mano che l’Unione Sovietica si avvicinava alla parità tecnica nucleare americana, tuttavia, Sakharov scopriva che il suo governo respingeva la consulenza scientifica per temperare il suo programma onde evitare i danni alla salute umana e all’ambiente. Sakharov persisteva nell’elaborazione di una dettagliata proposta per riorganizzare il programma nucleare sovietico senza prove atmosferiche; ma il leader sovietico Nikita Khrushchev non ne era convinto.
Alla fine del 1958, tuttavia, l’Unione Sovietica si unì agli Stati Uniti e al Regno Unito in una moratoria di test, finita dopo tre anni. Quando Sacharov ricevette la notizia che nel 1961 il governo sovietico aveva intenzione di rinnovare i test, ha scritto una lettera a Krusciov, opponendosi a un tale passo. In un rifiuto arrabbiato, il leader sovietico gli ha risposto: “lasciaci la politica: siamo degli specialisti. Fate le vostre bombe e provatele, non interferiranno con voi; noi vi aiuteremo. Ma ricordate, dobbiamo condurre le nostre politiche da una posizione di forza”. Sakharov aveva capito il desiderio di recuperare; ma cercava di convincere i leader sovietici ad accettare la proposta americana di vietare tutte le prove esplosive fuori terra. Questa presa di posizione ha contribuito nel 1963 alla stipula del trattato Ban Treaty (LTBT) che vieta i test nucleari di armi “o qualsiasi altra esplosione nucleare” nell’atmosfera, nello spazio esterno e sotto l’acqua; un passo fondamentale nel contenere la corsa agli armamenti.
La continua insistenza di Mosca sul voler continuare le prove atmosferiche anche dopo l’entrata in vigore dell’LTBT, contribuì alla rottura definitiva di Sacharov con il Cremlino. In quel periodo divenne sempre più sensibile ai temi dei diritti umani e alla libertà di espressione, emise degli appelli pubblici nel 1966 per la liberazione delle vittime della repressione che venivano incarcerati nei gulag e negli ospedali psichiatrici. Il Cremlino gli ha risposto togliendolo dal programma nucleare nel 1968 e, in definitiva, dopo le sue proteste contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan, lo esiliò nel 1980 nella città allora chiusa, di Gorki (ora Nizhny Novgorod).
Nel 1981, nel corso di un periodo di tensione nei rapporti tra superpotenze, ha rilasciato delle dichiarazioni ribadendo il suo impegno per “colloqui di disarmo, che offrono un raggio di speranza nel mondo oscuro della follia nucleare suicida …. Nonostante tutto quello che è successo, mi sembra che le questioni di guerra e pace e il disarmo siano così cruciali che devono ricevere una priorità assoluta, anche nelle circostanze più difficili”. Ha poi continuato a sottolineare la necessità di società aperte e democratiche con piene libertà civili, sostenendo le sue richieste con proteste e scioperi della fame.
Il suo amico e collega dissidente Lev Kopelev, ha scritto di come Sacharov avesse preso a cuore l’oppressione degli altri, così come la sua: “Non so se riesco a spiegarlo, l’anima di Sakharov soffre per ogni uomo sofferente”. Quando le prospettive di riforma politica erano fioche, Sakharov scrisse: “C’è la necessità di creare ideali, anche quando non è possibile vedere qualsiasi percorso attraverso il quale ci sia la loro realizzazione, perché se non ci sono ideali, allora non ci può essere speranza e poi si potrebbe cadere completamente nel buio, in un vicolo cieco senza speranza”.
L’urgenza di rafforzare e proteggere la libertà umana non è diminuita nel mondo di oggi. La deterrenza nucleare, sulla base dei vasti arsenali di armi inutilizzabili, continua a rappresentare un pericolo esistenziale, anche se la sua utilità può essere in procinto di essere minata dalla proliferazione. Durante la Guerra Fredda, si era riconosciuto che uno scambio nucleare tra le superpotenze su vasta scala avrebbe causato centinaia di milioni di vittime e, forse la fine della civiltà moderna; si potrebbe anche ad arrivare ad un “inverno nucleare”, un raffreddamento globale sostenuto e causato dalla grande quantità di fuliggine che ondeggia nell’atmosfera dopo l’esplosione. La nuova ricerca suggerisce che i terribili risultati possono anche essere provocati da una limitata guerra regionale. Sono necessarie ulteriori ricerche, ma le implicazioni sono chiare: i pericoli dell’era nucleare persistono e possono essere ancora più grandi di prima, sono necessari dei rinnovati sforzi per creare le condizioni di fiducia e di trasparenza tra gli Stati al fine di rendere possibile un mondo non nucleare.
Continuano a verificarsi inoltre delle nuove rivoluzioni scientifiche, comparabili a quelle nucleari, come quelle biologiche. Nel corso dell’ultima generazione, i progressi realizzati applicando la tecnologia informatica avanzata alla genetica e ad altre aree, hanno dato all’umanità il potere, non solo di decodificare i misteri della vita, ma di creare nuovi tipi di vita su richiesta. Questi progressi possono portare ad armi vitali per le lotte contro le malattie, la fame e l’inquinamento, ma potrebbero anche essere armi da utilizzare contro gli umani stessi, con un effetto terrificante. Ora come allora, la comunità scientifica deve affrontare decisioni difficili su quali tipi di regolamenti mettere il proprio lavoro di ricerca e di sviluppo e far conoscere apertamente le conclusioni.
Sakharov ha avuto anche la lungimiranza d’immaginare, quello che ha definito un sistema informativo universale, cioè un meccanismo per archiviare e recuperare tutta la conoscenza umana, che per molti versi prefigurava Internet (UIS). Ha predetto che lo sviluppo di tale tecnologia sarebbe sia liberatoria che dirompente, sia per gli individui che per le società e i governi: “Anche la realizzazione parziale della UIS inciderà profondamente su ogni persona, le sue attività per il tempo libero, il suo sviluppo intellettuale e artistico. A differenza della televisione … la UIS darà ad ogni persona la massima libertà di scelta e richiederà dell’attività individuale; ma il vero ruolo storico dell’UIS sarà quello d’abbattere le barriere nello scambio di informazioni tra i paesi e le persone”.
Guardando al futuro, nel 1974, Sakharov aveva espresso il suo ottimismo che “l’umanità troverà una soluzione al complesso problema di combinare necessariamente l’imprescindibile progresso tecnologico con la tutela dell’essere umano in un essere umano e della natura nella natura”. Il suo esempio, può darci pure una speranza in sintonia con l’elogio di Kopelev : “La maestà dello spirito [di Sakharov], il potere del suo intelletto, la purezza della sua anima, il suo coraggio e la sua disinteressata gentilezza cavalleresca può nutrire la mia fede sul futuro della Russia e dell’umanità”.
Gabrielis Bedris
Articolo reperibile su http://www.javan24.it/news.asp?SelCat=40
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