In un contesto sempre più teso tra i partner europei di fronte alle molteplici sfide che spaziano dalla crisi dei rifugiati all’unione economica del Vecchio Continente, il presidente polacco del Consiglio Europeo Donald Tusk ha inserito ieri anche dei riferimenti precisi all’unione energetica europea e al discusso progetto del Nord Stream II.

Sul tema si sono registrati tra i leader europei dei confronti “molto critici” e il Consiglio, che riunisce come noto i capi di stato e di governo dei 28 Paesi dell’Unione, ha ribadito la necessità ovvia che ogni nuovo progetto rispetti le norme europee.

Il Nord Stream I è un sistema di gasdotti che porta circa 55 miliardi di metri cubi di gas russo in Germania ogni anno (in termini di capacità). Si parla di una doppia pipeline da oltre 1.224 chilometri che appartiene per il 51% a Gazprom (che quindi la controlla). Gli altri soci sono la tedesca Wintershall (gruppo Basf) al 15,5%, la tedesca E.On con un altro 15,5%, l’olandese Gasunie con il 9% e la francese Engie con il rimanente 9% del capitale. Il presidente del comitato degli azionisti è l’ex cancelliere tedesco Gerhard Shroder, il numero due del comitato soci è Aleksej Miller, presidente del consiglio di gestione di Gazprom. Il terzo uomo del comitato dei soci di Nord Stream 1 è Alexander Medvedev, deputy chairman del consiglio di gestione di Gazprom.

Ora poiché il Terzo Pacco Energia dell’Europa impone di separare la proprietà delle infrastrutture energetiche da quella dei produttori di energia, il controllo di Gazprom su Nord Stream sarebbe già oggi illegale. Non può dunque stupire che il progetto Nord Stream II che prevede in pratica un raddoppio delle condotte portando attraverso il Baltico altri 55 miliardi di metri cubi di gas russo desti diverse critiche, soprattutto dai Paesi, come la Polonia di Tusk, che vedono una crescita della stretta energetica russa sull’Europa come fumo negli occhi.

Il nuovo Nord Stream 2 avrebbe ancora una compagine azionaria in cui Gazprom la farebbe da padrone con un 50% del capitale contro il 10% di E.On, un 10% dell’austriaca OMV, un altro 10% della olandese-britannica Royal Dutch Shell, un altro 10% della tedesca Wintershall e un 10% della francese Engie.

Per questo motivo il presidente polacco Andrzej Duda ha dichiarato, dopo un confronto lunedì proprio con il suo connazionale Tusk, di ritenere che il progetto di un Nord Stream 2 non abbia niente a che fare con l’economia, ma serva interessi politici e mini la sicurezza energetica non solo della Polonia, ma anche dell’Ucraina, della Slovacchia e di altri Paesi.

Contro il progetto ci sarebbero anche Repubblica Ceca, Ungheria, Romania, Estonia, Lettonia, Lituania e Grecia che insieme a Slovacchia e Polonia hanno già inviato una lettera in cui denunciano il Nord Stream 2 come illegale alla Commissione Europea. Anche la Bulgaria avrebbe una posizione avversa al progetto.

L’Italia sarebbe invece interessata al progetto che potrebbe consentire a Saipem di ottenere commesse per 1,5 miliardi di euro nell’ambito di un progetto che prevede investimenti per 10 miliardi di euro. Sarebbe una sorta di risarcimento per l’abbandono del progetto del South Stream, anch’esso ideato da Mosca per bypassare l’Ucraina e isolarla dai suoi appoggi europei.

Si tratterebbe comunque di un passaggio non indolore, perché il South Stream avrebbe dato un maggior peso strategico nella rete gas del Vecchio Continente all’Italia e all’Europa Meridionale, mentre il Nord Stream 2 ribadisce in qualche maniera una supremazia tedesca. Per Saipem inoltre il South Stream prevedeva commesse più ricche e pari a 2,4 miliardi di euro.