Il risultato della guerra di Putin è l’esatto opposto di quello che sperava d’ottenere: l’Ucraina non è crollata. Invece, Putin ha fatto consolidare lo stato, la nazione, l’esercito, l’apparato di sicurezza ucraino spingendo il paese verso l’UE, la NATO e le riforme.
Vista storicamente, l’attuale guerra russo-ucraina è il prodotto di quattro profonde cause e di una provocazione. In primo luogo, il collasso dell’impero sovietico del 1991 spinse il suo stato successore, la Russia, a cercare una “costruzione di un nuovo impero” per ragioni strutturali e ideologiche. In secondo luogo, l’emergere di un regime “fascistoide” (o quasi completamente fascista) ha fatto del rilancio imperiale, l’elemento centrale della strategia del super macho Vladimir Putin, e della sua auto-legittimazione. In terzo luogo, l’Unione Europea e l’espansione della NATO hanno messo l’Ucraina in un vuoto di sicurezza insostenibile, tra un’Europa, manifestamente disinteressata all’Ucraina e una Russia imperiale che sta facendo sempre più richieste per la sua sovranità. In quarto luogo, le “rivoluzioni colorate” in Georgia, Ucraina e Kirghizistan nel 2003-05 hanno minacciato direttamente il regime imperiale di Putin e la sua legittimità, costringendolo a fare una guerra contro la Georgia e a lanciare una serie di misure di protezione nei confronti dell’Ucraina e del Kirghizistan.
Infine, la rivoluzione Maidan in Ucraina nel 2014 è stata lo stimolo che ha portato Putin a sfruttare la debolezza post-rivoluzionaria del paese invadendo la Crimea e l’Ucraina orientale, nella speranza di promuovere l’impero russo e di consolidare il suo regime.
– La traiettoria normale del declino imperiale è il decadimento dei legami tra il nucleo dell’impero e le sue periferie o colonie, seguita da un progressivo logoramento territoriale. A volte gli imperi crollano all’improvviso, di solito come risultato di guerre. Nel caso sovietico, lo shock è arrivato da dentro. Una volta che Mikhail Gorbaciov aveva intrapreso la perestroika, a metà degli anni 1980, ha iniziato lo smantellamento del totalitarismo, ha sovvertito l’impero, con conseguente fine del dominio del nucleo russo alle sue periferie nel 1991. Diversi fattori hanno portato la Russia post sovietica alla “costruzione di un nuovo impero”. L’ex-periferia non russa è rimasta legata all’ex-core russo per l’energia, il commercio, la cultura e la lingua. Per facilitare e far continuare il dominio del nucleo russo, il Cremlino ha poggiato sulla relativa forza e sull’apertura delle frontiere. Lo stile del discorso sovietico imperiale, la cultura e l’ideologia sono sopravvissuti in Russia, come succede di solito negli Stati successori del post collasso, come la Germania di Weimar. L’opposizione alla demonizzazione, all’espansione della NATO e al nazionalismo ucraino erano parte di quella mentalità, che era evidente in Russia anche nel 1990.
– La Russia ha subìto tutte le conseguenze tipiche di un crollo imperiale: difficoltà economiche, umiliazione e perdita della fede. Sui democratici che hanno comandato la Russia dopo il collasso, caddero moltissime accuse. Boris Eltsin, che ha incarnato gli anni democratici del ‘90, ha lasciato l’incarico in disgrazia, mentre il suo successore, Putin, ha assunto il controllo nel 1999, promettendo di ristabilire un posto al sole per la Russia. Verso la metà degli anni 2000, Putin ha eviscerato le istituzioni democratiche russe ed è riuscito a costruire un regime fascistoide con tre caratteristiche istituzionali. La prima è stata l’autoritarismo standard: centralizzazione dei ministeri; subordinare le attività allo stato, limitare i diritti, formazione di massa dei movimenti pro-regime, controllo dei media, istituire un apparato di propaganda massiccia. La seconda è stata un’indiscussa suprema leadership: Putin. La terza un iper-maschile culto della personalità del leader e il neo-imperialismo, usato per legittimare il regime. Questo culto ha attinto e rafforzato il sessismo nella cultura politica russa. Il regime di Putin alla fine assomiglia a quello italiano e tedesco tra le due guerre, con Mussolini e Hitler.
– L’ampliamento UE-NATO ha creato una terra di nessuno tra la Russia e l’Europa, con la Bielorussia, l’Ucraina e la Moldavia che si trovano in un vuoto di sicurezza insostenibile. Espandendo le istituzioni economiche e politiche l’Europa ha effettivamente segnalato a Mosca che non aveva alcun interesse in questi paesi, proprio mentre le tendenze neo-imperiali della Russia stavano decollando e si stava consolidando il regime di Putin. Il tempismo non poteva essere peggiore. In effetti, se non nelle intenzioni, l’allargamento della NATO ha migliorato la sicurezza dei paesi come la Repubblica Ceca, la Polonia, l’Ungheria, la Slovacchia e la Bulgaria che erano di fronte ad una minaccia non concepibile per la sicurezza, la garanzia NATO ha coperto anche i Paesi Baltici, difficilmente difendibili. Ma non è riuscita ad estendere le garanzie di sicurezza a paesi come la Bielorussia, l’Ucraina e la Moldavia perché c’è stata un’improvvisa minaccia esistenziale che ha infastidito i russi. La NATO, un’istituzione in crisi e la Russia lo sapeva dalle sue numerose spie che brulicano a Bruxelles, che cosa poteva preoccupare Mosca che era il simbolo della “forza” mentre l’occidente rappresentava la “debolezza”?.
– Le rivoluzioni colorate erano la prima concertata minaccia esterna al regime di Putin, ma la sua risposta è stata spontanea e non pianificata. Il cambio di regime in Georgia, in Ucraina e in Kirghizistan, ha suggerito che il potere delle persone potrebbe avere successo. In Georgia la rivoluzione “ rosa” del 2003, mise al potere delle forze filo-occidentali, guidate dal presidente Mikhail Saakashvili. La determinazione per aderire alla NATO e alle altre istituzioni occidentali alla fine portò Putin a provocare una “piccola guerra gloriosa” nel 2008, che portò alla spartizione della Georgia. In Kirghizistan, Mosca s’oppose alla rivoluzione dei tulipani del 2005, ma poi ha imparato dal suo errore e ha sostenuto la rivolta nel 2010 .
Con questi quattro fattori, tutto ciò che era necessario per una guerra su vasta scala con l’Ucraina era d’avere una motivazione, che si è presentata sotto forma del Maidan del 2013- 2014, un movimento autenticamente democratico che annunciava l’abbandono ucraino del dominio imperiale russo, del fascismo radicalmente contestato, di Putin stesso. La percezione di minaccia di Putin dalla NATO ha avuto poco o nulla a che fare con una potenziale adesione dell’Ucraina all’Alleanza, poiché né l’Ucraina né la NATO avevano mai dato molto interesse uno per l’altro. La risposta di Putin a Maidan è stata d’annettere la Crimea, promuovere il separatismo nel sud-est dell’Ucraina e la guerra, alla maniera dell’attacco di Saddam Hussein contro l’Iran rivoluzionario nel 1980.
Per la prima volta dopo l’indipendenza del 1991, le persone e le élite dell’Ucraina sono unite intorno al governo filo-occidentale, con un’agenda pro-democrazia. Per la prima volta, l’Ucraina ha il supporto dell’Occidente. Anche se Putin è teso e la sua economia è tirata, ha perso l’Ucraina, la quale dovrebbe diventare più forte. Allo stesso tempo, la debolezza del regime di Putin è evidente; decadimento istituzionale e inefficacia, l’élite appare divisa, il culto della iper-mascolinità diminuirà come aumenterà l’età di Putin. La Russia soffre di degrado economico, calo dei ricavi d’energia, dolore dalle sanzioni occidentali, costi della guerra e la crescente assertività non russa. L’Occidente non può fare nulla per aiutare la Russia, se non cercare di proteggere se stesso, gli Stati in prima linea, come i paesi Baltici, la Polonia, la Moldavia, la Bielorussia, la Georgia, il Kasakistan e l’Ucraina e accettare e capire che l’Ucraina e la sua lotta sono fondamentali per la sua sicurezza.
Garantire l’indipendenza dell’Ucraina significa che l’Occidente deve decidere se disegnare l’Ucraina nella NATO o nell’Unione europea. Se, come molti analisti occidentali e politici discutono, la massiccia assistenza militare o l’adesione alla NATO potrebbe solo provocare Mosca a intensificare la sua guerra, allora l’Occidente non ha altra scelta, che trasformare l’Ucraina in un suo protettorato economico e politico, questo significa l’adesione all’UE. Tertium non
datur. Non c’è una terza alternativa.

GB

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