Il vertice Russia-Bielorussia-Kazakistan rinviato per la “scomparsa pubblica” di Putin, si è svolto venerdì scorso (20 marzo) ad Astana, in Kasakistan; ma il programma è stato tagliato e reso molto breve, tanto che l’unico punto per mettere in scena l’evento, sembra fosse stato il fatto di far apparire il presidente Vladimir Putin, intento ai suoi lavori abituali. I presidenti Nursultan Nazarbaev, e Alyaksandr Lukashenka, hanno trascorso molto del loro tempo per discutere i loro comuni problemi nelle relazioni con la Russia; avevano buone ragioni per ritenere che le difficoltà potrebbero aumentare, perché l’Unione europea, nel suo recente vertice di Bruxelles, ha lasciato invariato il regime di sanzioni contro la Russia. I leader europei hanno espresso diverse opinioni sull’utilità delle sanzioni; ma nessuno è stato pronto ad inviare a Mosca un segnale distensivo. La necessità di Mosca d’impegnarsi in un dialogo costruttivo è reale, crescente e sempre più pressante, ma sia i più stretti alleati della Russia che i suoi vicini interessati, hanno difficoltà a mettere in piedi rapporti stretti con il paese per il comportamento anticonformista e l’irregolare leadership.
La Bielorussia e il Kazakistan sono principalmente preoccupati per le ricadute della crisi economica russa, ma cercano anche di beneficiare delle sanzioni per ampliare le loro esportazioni agricole. Lukashenko è desideroso d’approfittare del confronto della Russia con l’Occidente per garantirsi un tranquillo relax dalle sanzioni, che in precedenza erano state imposte contro il suo regime. Putin, ha cercato di rinvigorire il progetto d’integrazione eurasiatica riciclando l’idea d’introdurre una moneta comune; ma Lukashenko e Nazarbaev hanno il sospetto che non avrebbero una voce pari in questa ipotetica unione finanziaria, che, d’altra parte, appare particolarmente inverosimile considerando l’attuale traballante stato del rublo russo. I loro dubbi nella leadership di Putin sono probabilmente aumentati per l’indifferente reazione russa nell’escalation dei combattimenti in Karabakh, anche se l’Armenia è un membro ufficiale dell’Unione economica eurasiatica dall’inizio di quest’anno.
L’Unione europea è tutt’altro che unita sul regime delle sanzioni, Mosca ha cercato di sfruttare le divisioni puntando in particolare sulla Grecia, l’ovvio punto debole nel comune corso della gestione della crisi. Tuttavia, la proposta di mantenere le sanzioni in vigore, fino a quando l’accordo di Minsk Due non fosse pienamente attuato, ha fornito un punto ovvio per forgiare una solida posizione dell’UE. Mosca è stata particolarmente infastidita dalla decisione europea di sviluppare un piano per contrastare la campagna di disinformazione russa. La propaganda russa infatti, è cresciuta in modo vizioso che sono necessarie speciali contromisure. In realtà però, il risultato di gran lunga più significativo del vertice di Bruxelles riguardava i primi passi nella costruzione dell’Unione energetica, che limiterà severamente la capacità di Gazprom d’applicare i suoi intrighi con il “gas politico”.
L’Unione europea non intende eliminare le importazioni di gas naturale russo, ma vuole assicurarsi contro i tentativi di alcuni fornitori d’abusare della loro posizione di monopolio nei mercati regionali. Così, l’Europa cerca di far rispettare le trasparenti regole di concorrenza di mercato, invece che i loschi affari preferiti dal Cremlino.
I recenti tentativi di Gazprom d’impedire gli storni di gas dalla Polonia e dalla Slovacchia all’Ucraina si sono dimostrati inutili e costosi, tanto che ora il gigante del gas russo è costretto ad offrire un nuovo e ragionevole prezzo scontato a Kiev, anche se l’Ucraina sembra aver dichiarato non voler acquistare ulteriore gas russo, per lo meno per l’estate, a partire dal primo di aprile 2015. Queste perdite s’aggiungono alla forte caduta dei ricavi del petrolio russo, mentre le lobby si stanno agitando perché devono chiedere sovvenzioni allo Stato invece che distribuire dividendi. Il governo non ha il potere di resistere a tali lobby mentre l’arrogante complesso militare-industriale respinge con fermezza i tentativi del Cremlino di distribuire uniformemente i fondi necessari per le spese di bilancio. Le rassicurazioni di Putin per una prossima ripresa economica, le promesse di una “amnistia” per il rientro dei capitali, sono tutt’altro che convincenti per gli imprenditori che hanno esperienza del racket sempre più palese dei corrotti siloviki (personale dei servizi di sicurezza). Molto più convincente è stata la decisione della General Motors di tagliare le sue perdite in Russia, fermando la produzione e la vendita dei suoi modelli Opel e Chevrolet, per la contrazione del mercato russo del 38 per cento a partire da febbraio 2015, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
L’economia russa sta degradando rapidamente ed è ostile al potere delle proiezioni, così che le dimostrazioni militari, potrebbero diventare sempre più aggressive per cercare d’impressionare la popolazione che il governo sta cercando di prevalere nel confronto con l’Occidente, sempre avverso al rischio. Gli esercizi militari della scorsa settimana del resto, hanno coinvolto 80.000 uomini dall’Artico a Sakhalin e Tskhinvali (Ossezia del Sud); anche se nessuno di tali giochi di guerra sarà possibile nei prossimi paio di mesi, perché questa settimana Putin firmerà il decreto sul progetto della primavera, in base al quale la metà dei più ben addestrati soldati russi verranno dimessi dal servizio militare. Il discorso nucleare è sempre più utilizzato a sostegno dei battaglioni di modeste dimensioni. La dichiarazione dell’ambasciatore russo in Danimarca, che le navi danesi sarebbero diventate “bersagli per i missili nucleari russi”, se questo paese scandinavo avesse scelto d’aderire al sistema di difesa missilistica degli Stati Uniti, è in sintonia con le rivelazioni di Putin, quando affermò che le forze nucleari strategiche russe fossero state messe in stato d’allerta quando invase la Crimea.
Mentre Putin crede nella propria infallibilità, i suoi cortigiani devono persistere nel rassicurarlo della fragilità dell’unità occidentale. Solo un’altra spinta, un altro paio di tangenti, essi sostengono, convinceranno alcuni del Trattato Nord Atlantico (NATO) che non vale la pena di lottare, o per coinvolgere alcuni membri dell’Unione europea che il regime di sanzioni è controproducente. Questa divisione deve essere raggiunta nelle prossime settimane, in tempo per l’offensiva estiva in Ucraina orientale, verso Mariupol e Melitopol (aprendo il corridoio di terra per la Crimea), per poi cercare di condonare il tutto in un nuovo vertice (Minsk tre), nel quale sarebbe stato compito della Francia e della Germania convincere l’Ucraina che la pace deve essere pagata con più concessioni. Questo desiderio strategico non è senza ragione, spetta all’Unione europea dimostrare la capacità di d’essere unita e bloccare con successo gli Stati Uniti nelle tattiche di bullismo russe.
Scoraggiare la Russia di Putin è un compito diverso e più difficile che contenere l’Unione Sovietica; governare correttamente prevarrà sempre sui furfanti.

GB

Articolo reperibile anche su http://www.Javan24.it