Poco tempo fa, il mondo commemorava il primo anniversario del rapimento di circa 200 studentesse nigeriane da Boko Haram; il sequestro di massa, visto un anno fa come una cosa senza precedenti, sembra ormai dopo una serie d’ulteriori rapimenti, come una tattica tristemente sempre più familiare dell’arsenale terrorista. L’impensabile del 2014, sembra voglia diventare un luogo comune d’esercizi futuri.
Un mese fa, 89 bambini, d’età compresa tra i 12 e i 15 anni, sono stati presi mentre stavano sostenendo gli esami di scuola nella città di Wau Shilluk, vicino a Malakal, nel Sud Sudan, sono stati portati da un noto signore della guerra il quale ha messo in chiaro che dovevano diventare soldati. C’è una stima di 12.000 bambini sequestrati ed arruolati dalle varie fazioni della guerra civile del paese.
In Pakistan nel frattempo, sta riprendendo la crudele attività di classi scolastiche come obiettivi dei terroristi, come nell’attacco alla scuola di Peshawar di tre mesi fa, dove 140 innocenti ragazzi e insegnanti, sono stati uccisi.
In Siria nel quarto anno di crisi, notiamo quasi due milioni di bambini costretti a fuggire in Libano, Giordania, Turchia e altri paesi, con pochi prediletti che riescono a riprendere la loro istruzione, mentre molti altri sono costretti a matrimoni precoci o al lavoro minorile.
Queste umiliazioni aumentano con un’esponenziale frequenza, mentre gli abusi e le violazioni dei diritti dei bambini, dall’Iraq alla Nigeria, dallo Yemen al Pakistan, stanno diventando sempre più comuni da 40 anni a questa parte.
L’autore di testi per bambini, JK Rowling, ha espresso di recente: “I bambini vengono ignorati perché, chi c’è che può essere messo a tacere più facilmente?” Ma è nostra comune responsabilità d’assicurare che le ragazze e i ragazzi a rischio non vengano ignorati, ma siano al sicuro.
In Sud Sudan, il 70 per cento delle 1.200 scuole, nelle principali aree di conflitto, sono chiuse, 36 delle quali sono utilizzate come basi di guerra per le fazioni militari. In Nigeria nel 2014, sono state distrutte un totale di 338 scuole, sono stati uccisi almeno 196 insegnanti e oltre 314 studenti, più di 276 studenti sono stati rapiti. In alcuni Stati c’è la percezione crescente che le scuole siano “zone di pericolo”, tali sensazioni stanno annullando i guadagni conseguiti dalle unità mirate alle iscrizioni scolastiche: vedono le scuole come rifugi insicuri. Questo è inaccettabile. Bisognerebbe fare tutto il possibile per assicurare che il 2015 venga visto come l’anno che porrà fine alle violazioni dei diritti dei minori. Ci sono una serie d’iniziative progettate per i prossimi mesi atte a trasformare il potenziale istruttivo e per andare in aiuto dei bambini: nel mese di maggio, il Forum Mondiale dell’Educazione si riunirà in Corea; nel mese di luglio, il governo norvegese ha convocato una conferenza a Oslo per coordinare i donatori. Più tardi, nel mese di luglio, ad Addis Abeba, si terrà la terza conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo per discutere di come si possa finanziare l’istruzione e una nuova agenda per lo sviluppo sostenibile fino al 2050.
Questo è il momento d’agire. Per milioni di bambini l’educazione non può aspettare fino a quando finiranno le guerre civili e/o i conflitti. Anche se non fosse possibile garantire che i bambini possano essere sempre al sicuro, bisogna essere in grado di rassicurare i genitori e gli alunni di tutto il mondo che tutto è stato fatto per contrastare le minacce estremiste, in modo che i bambini possano esercitare il loro diritto all’istruzione in scuole più sicure e liberi dalla paura perpetua.

GB

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