• ANALISI –
L’arrivo a Kiev di Victoria Nuland, l’incaricata americana a trattenere dialoghi diretti con il Cremlino per trovare una soluzione al conflitto in Ucraina, ha stimolato una certa curiosità diplomatica. La vice segretaria di Stato americano, che ha intrattenuto i deputati della Verkhona Rada per tre ore, ha spiegato loro che gli Stati Uniti non avevano ancora desideri e date per le elezioni nel Donbas, che le elezioni si sarebbero tenute solo in linea con la legislazione ucraina e sotto il controllo dell’OSCE e, che dopo l’attuazione di tali elementi, essendo entrata in vigore una tregua certa e una sicurezza sostenibile, gli accordi di Minsk si sarebbero esauriti da soli.
Dopo una spiegazione così completa però, resta solo una domanda: qual è il nocciolo per il quale la rappresentante degli USA è volata fino in Ucraina per ripetere le stesse cose già registrate nel febbraio 2015, e poi riprese dalla stessa Nuland nel parlamento ucraino nel mese di agosto? Da allora non è cambiato nulla, se non che tutti si sono accorti che gli accordi di Minsk sono dei “cattivi accordi” e che non si possono attuare.
Forse c’è qualcosa che Nuland non ci ha raccontato, o che non è così facile da risolvere.

Perché l’Occidente sta facendo pressione sull’Ucraina affinché Kiev attui la parte politica dell’armistizio, quando il cessate il fuoco nel Donbas non si è mai verificato, gli ostaggi ucraini non sono mai stati restituiti e nemmeno le truppe russe si sono ritirate?

Cerchiamo di capire ciò che gli accordi di Minsk contengono, cosa le parti in causa vogliono, e più specificamente come dovrebbe funzionare il processo nella sua attuazione.
Chi, sono gli attori principali? Ci sono tre giocatori importanti che hanno differenti approcci, motivazioni e interessi: Ucraina, Occidente e Russia.
La posizione della Russia

La più ovvia e prevedibile. Mosca utilizza verso gli altri lati coinvolti, non senza ragione, le accuse d’incoerenza nel “processo di Minsk – il fatto che la Russia, sia prima di tutto l’aggressore e il violatore del diritto internazionale, e che tutto il processo di Minsk sia il risultato di una sua cinica negligenza, non la turba particolarmente.

La Russia dall’inizio dell’intervento in Ucraina e fino a poco tempo fa, ha sempre avuto l’iniziativa diplomatica del processo di pace – ora l’Occidente e l’Ucraina stanno mettendo qua e là delle bandierine rosse, come la questione delle modalità delle elezioni o la determinazione e l’ordine di applicazione delle amnistie, ma queste non hanno corretto l’errore principale: non hanno modificato le modalità di negoziato e l’agenda.

Gli accordi di Minsk sono un progetto russo, e la loro attuazione è considerata da Mosca come un’opportunità per creare un nuovo territorio russo autonomo – non come la Crimea – all’interno dello Stato ucraino, con un punto di vista indirizzato verso un impatto diretto sulla politica interna ed estera dell’Ucraina.
La non attuazione degli accordi di Minsk non preoccupa la Russia, in quanto ha nelle sue mani un’importante carta sotto forma delle cosiddette “LNR e DNR” (Repubbliche Popolari di Lugansk e Donestk), che rappresentano un meccanismo d’influenza sulla pace e sulla sicurezza dell’Ucraina, e, indirettamente, attraverso una costante minaccia di destabilizzazione, hanno un impatto sulla politica interna ed estera di Kiev, e forse sull’Europa in generale.
L’unica conseguenza sgradevole per la Russia, alla non attuazione degli accordi di Minsk è che, per loro causa continua ad avere le sanzioni economiche e l’isolamento diplomatico.
Pertanto, la Russia è desiderosa d’implementare contemporaneamente diversi scenari che possono essere così riassunti:

- sviluppare le capacità delle due repubbliche a mantenere occupato il territorio in caso di fallimento dei negoziati, continuare ad utilizzare questi meccanismi di formazioni militari quasi-statali per minare la sicurezza e la stabilità dell’Ucraina, e quindi dell’Europa;

- partecipare al processo di negoziazione di Minsk per garantirsi il controllo sui territori delle regioni di Donetsk e Lugansk e, dopo che saranno stati restituiti alla giurisdizione ucraina, ottenere il meccanismo di legittimazione degli interessi russi in Ucraina – come una de facto autonomia russa – e ottenere la revoca delle sanzioni;

- minare la consolidata posizione dell’UE sulle sanzioni facendo pressione sui vari paesi con gli “utili idioti” e i leader che ha sparso nei vari parlamenti europei.

La posizione dell’Occidente


Prima di tutto sottolineiamo che, gli Stati Uniti e l’UE anche se esistono tra di loro alcune differenze, si possono considerare dei sostenitori di Kiev.

Dopo l’occupazione della Crimea, la posizione dell’Ovest si è gradualmente cristallizzata sulla seguente formula:

- è un male ed è contro le regole che riteniamo fondamentali;

- non potremmo mai accettare questo fatto;

– non sarà mai un motivo di guerra o d’eccessivo scontro con la Russia;

- introduciamo alcune sanzioni, ricordando costantemente che non siamo d’accordo con queste, ma che generalmente non dovranno interferire pesantemente con la cooperazione con la Russia, che per noi è importante per molte ragioni.
Parte di questa posizione contiene anche delle altre situazioni che non sono mai state espresse ad alta voce, cioè:

- non si capiscono bene la natura, la storia e lo sfondo di questo conflitto, per cui non riusciamo a capire se alla fine l’Ucraina ha fatto e farà tutto il necessario per mantenere e operare correttamente nel territorio del Donbas;

– l’Ucraina dovrebbe fare di più, quindi non ha un vero desiderio;

noi, come Occidente, a fronte di questi due fatti, ci limitiamo e dimostriamo il nostro disaccordo con le azioni russe; ma c’è già un precedente con gli Stati baltici – un’annessione che non avevamo mai riconosciuto, però abbiamo sempre continuato a collaborare con l’ex Unione Sovietica. Il tempo ci dirà cosa fare.
L’occidente ha separato la posizione della guerra in Ucraina orientale – per palesi errori effettuati dalla diplomazia ucraina, l’abile gioco diplomatico della Russia e per la mancanza di un suo proprio concetto d’approccio integrato ai problemi di sicurezza – dalla occupazione della Crimea – tema che non poteva o non voleva continuare ad analizzare.

Pe cui:

- L’aggressione diretta, anche se in forma ibrida, militare della Russia, che tenta con la forza di raggiungere obiettivi politici e di cambiare i confini in Europa, è inaccettabile,

- questo non è un motivo per un confronto militare diretto con la Russia (anche se ora vale la pena pensarci);

- la posizione russa è inaccettabile, ma ora non siamo in grado di continuare a collaborarci come facevamo prima;

- per indebolire le possibilità russe di continuare queste attività e che Mosca eviti d’organizzare nuovi atti d’aggressione, stiamo utilizzando le sanzioni economiche,

- allo stesso tempo, la Russia è un partner troppo grande e importante per molte questioni, così, nonostante le complicazioni temporanee causate da differenze fondamentali, il corso generale deve essere finalizzato alla normalizzazione delle relazioni – cioè non si deve punire la Russia, ma si devono correggere gli errori e le infrazioni che Mosca ha fatto.
Inoltre, non possiamo combattere, e anche volendo, non saremmo in grado di gestire i risultati di una nostra probabile vittoria, in più, un ulteriore aggravamento delle posizioni, considerate le capacità nucleari russe, è anche pericoloso.

Le diplomazie occidentali e quella ucraina hanno fatto un drammatico errore – hanno portato in assoluto gli accordi di Minsk e hanno sostituito i concetti, collegando le sanzioni economiche contro la Russia, non alla cessazione dell’aggressione militare contro l’Ucraina, ma all’attuazione degli accordi di Minsk – l’attuazione degli accordi di Minsk non è la stessa cosa della sospensione dell’aggressione russa armata contro l’Ucraina, perché questi accordi non coprono il tema dell’occupazione della Crimea, dove, infatti, ha iniziato la guerra. Ma, anche trascurando la Crimea, l’Occidente non può raggiungere un cessate il fuoco completo e stabilizzare la situazione senza un compimento visibile o parziale degli accordi di Minsk da parte della Russia.
Nell’estate 2015, Nuland, facendo riferimento alla necessità di consolidare le fila, ha insistito sulla necessità che l’Ucraina, dimostrasse almeno in prima lettura, progressi parziali nella realizzazione degli emendamenti politici alla Costituzione, nei primi mesi del 2016, dopo la fine formale della tempistica per l’attuazione degli accordi di Minsk [la scadenza era prevista per il 31.12.2015], l’Occidente ancora una volta, ha cercato d’applicare lo stesso approccio: costringere l’Ucraina a svolgere la parte politica dell’accordo di Minsk senza un cessate il fuoco.
Ma la realizzazione di questo approccio è complicato da due fattori:

- Il presidente ucraino non ha più sufficiente sostegno politico in parlamento e nella società.
– l’opinione pubblica e le analisi degli esperti sono sempre più inclini a spiegare la futilità del processo di Minsk e l’impossibilità d’attuarne gli accordi.

Un fattore importante che influenza la posizione europea, è anche una mancanza di fiducia tra la volontà politica dell’UE e il consenso a continuare le sanzioni contro la Russia.

Sotto questo aspetto va notata una significativa differenza tra l’UE e gli USA.
Anche se gli Stati Uniti hanno la volontà politica di continuare il regime sanzionatorio, la Russia ha relativamente poco che possa influenzare la decisione degli USA, e il commercio con la Russia non è di interesse pratico per Washington. Tuttavia, gli Stati Uniti stanno cercando in ogni modo d’evitare una situazione del regime di sanzioni in cui si possano trovare in una modalità senza l’appoggio dell’UE. Questo scenario, considerato che le imprese europee hanno già il coraggio di riprendere la cooperazione con la Russia anche se sotto sanzioni, minaccia gli Stati Uniti che già soffrono delle relazioni commerciali con l’EU – per il fattore propaganda russo – con conseguenze politiche eventualmente negative sull’unità transatlantica.
Anche la provocazione militare e la distribuzione, in particolare a Kaliningrad, Bielorussia e Crimea delle armi nucleari tattiche russe, contro le quali gli europei sono praticamente senza difesa, potrebbe spingere la maggior parte dei paesi europei a prendere le distanze dagli Stati Uniti, proprio per ridurre la minaccia proveniente dalla Federazione russa.
Ovviamente queste due ragioni spiegano l’intensificarsi, nel quadro del processo di Minsk, delle azioni della diplomazia americana nel 2016.

In questo caso, gli interessi degli Stati Uniti non saranno il ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina, o la cessazione delle ostilità in Ucraina orientale, ma soprattutto – mantenere l’unità transatlantica ed evitare di impegnarsi in un confronto su larga scala con la Russia.
A tal fine, gli Stati Uniti sono costretti a cercare ricette che soddisfino ugualmente entrambi: russi ed europei. L’Ucraina ha proposto di non concentrarsi sulla sicurezza e sulle possibili conseguenze negative che possono derivare dall’attuazione degli accordi di Minsk, ma di riformare e combattere la corruzione.
Gli europei, proprio per rimuovere le inutili tensioni con la Russia, sono interessati a raggiungere l’attuazione degli accordi di Minsk nel più breve tempo possibile. Inoltre, i paesi europei stanno cercando d’evitare la vergognosa situazione di non poter continuare il dialogo con Mosca perché manca qualsiasi progresso negli accordi di Minsk, oltre che, per lo stesso motivo, trovarsi in possibili pubbliche discussioni per mancanza di lealtà ai loro dichiarati principi. Al momento, l’unica possibilità per l’UE è di vedere che l’Ucraina realizzi la sua pedalata politica degli accordi di Minsk, ignorando la mancanza dei progressi nel cessate il fuoco e nella de-escalation. In seno all’UE, la mancanza di risposte alla domanda di sicurezza di Kiev, viene compensata con uno sguardo sulle problematiche di sviluppo interno e sulle riforme per combattere la corruzione.

La posizione dell’Ucraina


Fin dall’inizio dell’aggressione armata russa l’Ucraina ha commesso un numero di errori strategici e diplomatici che ne stanno definendo la posizione nel processo di Minsk:

– Non sono stati interrotti i rapporti diplomatici con lo Stato aggressore. L’Ucraina non ha lo stato giuridico di guerra con la Russia; ciò consente alla Russia di partecipare pienamente alle attività di tutte le organizzazioni e i formati internazionali in cui c’è in discussione la “questione ucraina”, non come parte in conflitto, ma come mediatore.

- Per respingere le minacce militari non è stato posto l’accento sulla forza con l’utilizzo della diplomazia, ma è stato messo solo sulla diplomazia. L’Ucraina infatti, ha volontariamente limitato il suo diritto d’usare la forza per proteggere il proprio territorio. Come risultato, la Russia sta usando la diplomazia per coprire i suoi successi militari, e l’Ucraina (in particolare dall’inizio del 2016) conduce le operazioni militari sotto la direzione della diplomazia (i combattimenti si fermano, non quando sono dettati dalle esigenze di difesa e di sicurezza, ma quando l’affermazione è diplomatica).

- È stato scelto in un modo non corretto il luogo dei negoziati (Minsk); mancano dall’inizio gli Stati Uniti e l’UE al tavolo delle trattative; l’ordine del giorno, il focus, è stato spostato dall’aggressione esterna alle riforme politiche ucraine, anche se queste non sono la causa del conflitto in Ucraina orientale; l’occupazione della Crimea non viene discussa a Minsk.
In seguito l’Ucraina non ha potuto evitare alcuni problemi, in particolare:

- Gli accordi sono stati imposti all’Ucraina così come sono, svantaggiosi e inaccettabili, ma senza alternative;

– Le sanzioni occidentali non sono state legate alla cessazione dell’aggressione armata della Russia contro l’Ucraina, ma all’attuazione degli accordi di Minsk;

- Le modalità degli accordi di Minsk non prendono in considerazione l’esperienza internazionale e la procedura per la risoluzione dei conflitti – dal cessate il fuoco alla stabilizzazione della situazione della sicurezza e un periodo di transizione per le istituzioni affinché trovino una soluzione politica (gli accordi di Minsk non prevedono alcun periodo di transizione, ciò complica notevolmente l’inizio del processo di soluzione politica).
Il rifiuto di rompere le relazioni commerciali ed economiche dell’Ucraina con la Russia suggerisce che l’UE e gli USA hanno applicato lo stesso approccio – non punire, o reprimere la Russia, ma correggere gli errori e normalizzare le relazioni. Questo chiaramente demotiva seriamente i partner dell’Ucraina e la stessa popolazione del paese nei confronti dell’aggressore.

Le conseguenze della mancanza di fiducia dell’Occidente si spinge fino a valutare quanto la leadership militare e politica ucraina sia pronta ad contrastare l’aggressore russo, creando la convinzione tra i politici europei, che non siano le Forze Armate o lo Stato ucraino in generale che stanno bloccando preventivamente l’ampliamento dell’aggressione russa, ma che siano loro – creandosi un senso di superiorità e realizzando che l’economia dei loro paesi sta pagando dei prezzi troppo alti; in secondo luogo, negano l’assistenza delle armi letali difensive.
Un altro grave errore è stata l’incapacità ucraina di dire chiaramente che fosse impossibile la realizzazione della parte politica degli accordi di Minsk (o in generale – anche al di fuori del processo di negoziazione); così come sostenere che gli accordi di Minsk hanno perso la loro validità perché le controparti non hanno soddisfatto i requisiti del cessate il fuoco (in realtà da questo fatto l’Ucraina ha motivato i russi a concludere che fosse possibile l’applicazione unilaterale degli accordi di Minsk senza un cessate il fuoco).

Un altro errore è stata l’accettazione ucraina di una implementazione unilaterale dell’accordo di Minsk – l’inizio della realizzazione della parte politica senza alcun progresso nella sicurezza.
La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che la società ucraina, per la maggior parte, non solo non prende in considerazione gli accordi di Minsk (oltre il 58% ritiene che l’Ucraina avendo firmato questi accordi ha solo che perso); ma non crede che l’accordo possa portare alla fine della guerra (66,5%); la gente è categoricamente convinta che l’implementazione unilaterale dell’accordo di Minsk da parte dell’Ucraina (73,5%) non sia da fare; non hanno fiducia che le autorità ucraine siano in grado di trovare vie d’uscita alla situazione; sostengono l’idea di un referendum nazionale per definire una strategia operativa (58%).

Infatti, la popolazione ucraina manda una chiara risposta al costante richiamo occidentale: “firmate e adempite”, gli ucraini considerano che questi accordi non siano da firmare in quanto non tengono conto dei loro interessi.
Tuttavia è inquietante il fatto che la società ucraina non si sia formata la chiara visione che la via attualmente intrapresa per uscire dalla crisi, è la più appropriata.
In effetti, oggi c’è la situazione di pericolo che, l’Occidente, la Russia e la leadership politica ucraina possano avere una linea che arrivi ad una soluzione, ma la stragrande maggioranza dei cittadini ucraini non ha un programma d’azione consolidato; questo fa sì che non ci sia alcun modo accettabile al di fuori di una guerra contro la Russia.

Il fallimento della leadership politica ucraina di trovare un modo accettabile ed efficace per risolvere la crisi, sommato agli errori prima commessi, mettono il presidente Poroshenko e la fragile coalizione parlamentare nella necessità o d’opporsi alla maggior parte del proprio popolo (a dispetto degli altri problemi socio-economici), o ad affrontare le conseguenze del mancato rispetto degli accordi di Minsk, non solo con la Russia, ma anche con tutti i paesi amici occidentali (ciò potrebbe causare una perdita d’accesso alle risorse e portare instabilità economica e politica nel paese).
Infatti, il tempo delle autorità ucraine per le manovre politiche si sta inesorabilmente esaurendo, e la decisione ormai si è ridotta a poche settimane.

In questo contesto, le autorità di Kiev dovrebbero, come un modo per guadagnare tempo togliendosi di dosso una parziale responsabilità politica, prendere un’iniziativa politica e analizzare immediatamente e seriamente la recente esperienza greca di un referendum.
L’Ucraina come modo per continuare il regime di sanzioni contro la Russia per le sue violazioni al diritto internazionale, dovrebbe respingere il ricatto dell’Occidente, e non associarlo al cambiamento di una posizione russa o ucraina derivato dall’adozione di una nuova normativa nell’ambito del processo di Minsk. Ora, nel caso in cui non vengano estese le sanzioni dell’UE contro la Russia, senza che sia successa alcuna modifica sul fronte orientale, è il momento di sviluppare una linea d’azione.
Per quanto riguarda la Russia, dobbiamo notare che l’unica garanzia contro i possibili effetti di una reazione isterica della Repubblica Federale Russa, se non dovesse raggiungere i suoi obiettivi nell’ambito del processo di Minsk, sono le Forze Armate ucraine.

Inoltre, anche se non è la strada migliore, ma è una delle opportunità per superare lo stallo degli accordi Minsk e guadagnare tempo, anche se la politica ucraina non sa ancora come sacrificare i propri interessi per il bene dello Stato, l’Ucraina potrebbe decidere d’indire le elezioni anticipate, allo stesso tempo di quelle presidenziali e parlamentari.