È raro, per lo meno in modo così eclatante, che i rappresentanti ufficiali degli Stati Uniti vadano in visita a dei parlamenti stranieri per convincerli a votare in un certo modo su qualche pezzo di legislazione; eppure la settimana scorsa, l’assistente segretario di Stato, Victoria Nuland, quando il parlamento ucraino era pronto a votare sugli emendamenti costituzionali del paese, si è recata a Kiev ed ha fatto proprio questo.
Nuland non era interessata ad una sola riga del disegno di legge, raccolto nella 7° pagina, che il presidente Petro Poroshenko aveva presentato al parlamento sulle “indicazioni del governo locale in alcuni distretti delle regioni di Donetsk e Lugansk che sono determinati da una legge speciale”; lei invece aveva delle richieste, le quali suonavano come una blanda disposizione, ma in realtà la linea era molto controversa: molti legislatori hanno rifiutato di votarle. Mustafa Nayyem, un membro del gruppo parlamentare di Poroshenko, ha avvertito che la “legge speciale” richiesta dalla Nuland, avrebbe potuto consentire a un futuro legislatore di concedere una secessione legale ai ribelli delle regioni filo-russe in Ucraina.
Il compito di Nuland era di convincere a sostenere la linea a Nayyem, e ad altri deputati che la pensavano diversamente. Prima della votazione, la segretaria di Stato, ha invitato i più recalcitranti ad un incontro presso l’Ambasciata degli Stati Uniti. Uno degli invitati, Leonid Yemets, ha spiegato in seguito che, il diplomatico americano ha “insistito sul fatto che questa doveva essere la dimostrazione della conformità dell’Ucraina con l’accordo di Minsk”, poi ha proseguito Yemets, ha iniziato a chiarire che in questo caso avremmo dovuto fare un sacrificio e poi saremmo passati a combattere la corruzione nel resto del Paese. Alcuni di coloro, che hanno preso parte alla lunga conversazione, hanno lasciato l’Ambasciata ancora prima della fine dei colloqui con varie motivazioni: “Perché il mondo vuole imporci uno statuto speciale per le cosiddette repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk?”, mentre il vice presidente Oksana Syroyid ha scritto su Facebook: “Il mondo vuole solo che questo diventi un conflitto interno, perché è stanco e vuole sbarazzarsi di questo argomento estremamente scomodo”.
È vero che l’Ucraina non è più sulle prime pagine dei mezzi d’informazione globale, e questo non va bene per un paese che è dipendente dagli aiuti e dalla simpatia occidentale e, allo stesso tempo, è ambito dal presidente russo Vladimir Putin come uno stato satellite o almeno un cuscinetto contro l’ulteriore espansione della NATO. Alcuni commentatori russi e ucraini anti-Putin hanno visto la visita di Nuland a Kiev e il suo tentativo di convincere i deputati, come un segno che gli Stati Uniti stessero vendendo l’Ucraina a Putin in cambio del suo sostegno per l’affare nucleare della scorsa settimana con l’Iran.
– Che cosa è la Russia che ha messo la sua firma sotto l’accordo per chiudere il programma nucleare iraniano? – ha esordito l’ex legislatore ucraino Taras Stetskiv – La Nuland è venuta a influenzare e controllare il voto perché lo statuto speciale per il Donbas fosse inserito nella costituzione.
Andrei Illarionov, l’ex consigliere di Putin, che ora è un suo avversario politico, ha suggerito che l’ulteriore sostegno russo alla Siria e all’Iran fosse parte di un patto “fatto senza la partecipazione dell’Ucraina a spese dell’Ucraina”.
Nonostante questi avvertimenti, giovedì scorso, il parlamento ucraino ha votato per inviare gli emendamenti proposti da Poroshenko alla Corte Costituzionale per la sua anticipata approvazione. Poroshenko ha reagito con rabbia alla retorica dei suoi avversari.
“Conosco un sacco di poesie patriottiche e canzoni – ha detto ad un certo punto il presidente – e mia moglie dice che sono un buon cantante. Poi ha intonato l’inno nazionale. Nuland era lì vicino in parlamento, come pure l’ambasciatore americano Geoffrey Pyatt, e, quando il voto ha preso la piega desiderata da Washington, hanno applaudito.
Il Cremlino, da parte sua, aveva denigrato le proposte costituzionali di Poroshenko: Mosca e suoi delegati in Ucraina orientale volevano una legge fondamentale ucraina che precisasse direttamente un’ampia autonomia delle regioni in mano ai ribelli. Ma questo non è prova sufficiente per sedare le teorie del complotto. Dopo tutto, il parlamento ucraino non avrebbe mai votato per tutto ciò che sostiene Putin e il suo popolo, anzi i rumori di disapprovazione di Mosca, avrebbero solo che aiutato il passaggio della legge.
Molto probabilmente, tale affare non è palese; eppure non è difficile credere che gli Stati Uniti e la Russia potrebbero essere all’inizio di un tacito accordo sull’Ucraina. Obama la settimana scorsa ha elogiato Putin per i “comportamenti” utili nell’affare Iran. Putin, tuttavia, non dà niente gratis.
Allo stesso tempo, l’Ucraina ha esagerato nel chiedere aiuti internazionali e simpatia. L’aggressione russa ad est è in stallo, ma l’Ucraina rimane indisciplinata, corrotta, economicamente supina e piena di gruppi armati. L’organizzazione ultranazionalista del settore destro, che era stata attiva e utile nella difesa contro i ribelli filo-russi, ha recentemente iniziato una mini guerra per il controllo del contrabbando delle sigarette in Ucraina occidentale, una situazione che ha irretito non poco Poroshenko e lo ha messo in moto per spegnere qualsiasi nuovo focolare.
Washington vuole che l’Ucraina sia stabile; il Cremlino, da parte sua, sta perdendo interesse per il conflitto armato che ha creato: vuole passare dalle interferenze militari alla più tranquilla destabilizzazione politica. Quando gli interessi dei grandi giocatori in gran parte coincidono, non ci vuole una cospirazione per farli collaborare.

Gabrielis Bedris

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