Lunedì 22 febbraio, la sicurezza nazionale e il Comitato di difesa ucraini hanno declassificato e pubblicato il verbale della più importante riunione ad alto livello della dirigenza ucraina del dopo Maidan.
Molte di queste informazioni sono già state discusse dagli analisti e dai media; ma, per comprendere il dibattito politico conseguente, è meglio sottolienare alcuni curiosi dettagli.
Il presidente Vladimir Putin si è spesso vantato che la Russia ha assunto la Crimea “senza un sol colpo ferire”, c’è anche un film della sua propaganda, che presenta l’operazione come il risultato di una brillante pianificazione del Cremlino, ma il documento reso pubblico lunedì, ha gettato nuova luce sulle ragioni per le quali fosse avvenuta un’annessione esangue e anche sui limiti dell’aggressività di Putin.
Il sito di notizie Pravda.com.ua ha pubblicato la trascrizione della riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale e Difesa dell’Ucraina (NSDC), che ha avuto luogo il 28 febbraio 2014. Il giorno precedente, le truppe russe senza insegne avevano aiutato gli attivisti pro-Mosca a prendere in consegna il parlamento e il governo della Crimea. Il giorno dopo, il parlamento russo ha autorizzato Putin ad iniziare le operazioni militari in Ucraina.
I partecipanti alla riunione, i funzionari messi al potere dai leader della “rivoluzione della dignità”, non hanno cercato d’impedire che la Russia s’impossessasse della Crimea, ma, ritenendo che un’alternativa sarebbe stato solo che un peggior male, in modo efficace hanno deciso d’abbandonare la penisola. Oleksandr Turchynov, facente funzione di presidente post Maidan ha sollevato la possibilità di combattere, mentre il primo ministro Arseniy Yatsenyuk, si era opposto ad una controffensiva.
Tutti i partecipanti alla riunione, arrivati a conoscenza che molti militari dell’esercito e membri della polizia anti-sommossa avevano disertato o aderito al nemico, si erano resi conto di quanto fragile fosse la posizione dell’Ucraina in Crimea.
Yatseniuk, ha proposto un accordo politico con le autorità autoproclamate della Crimea (decentramento fiscale, concessioni di lingua), ma ha ammesso che la Russia non avrebbe mai accettato una tale soluzione. È interessante notare che un altro partecipante alla discussione, Andriy Senchenko (un deputato dalla Crimea, membro del partito di Tymoshenko) ha apertamente contraddetto Yatseniuk. Senchenko ha affermato che sarebbe stato sbagliato “negoziare con i traditori e i separatisti”.
– Stiamo parlando di dichiarare guerra alla Russia – riporta la trascrizione, accreditando l’espressione a Yatseniuk – subito dopo che avremo fatto questo, ci sarà una dichiarazione russa che vorrà difendere i cittadini russi e i russofoni che hanno legami etnici con la Russia; questo è lo script che i russi hanno manifestato e noi stiamo giocando con quello”.
Yatsenyuk ha sottolineato che il conto bancario del ministero delle Finanze fosse vuoto e che, secondo il Ministero della Difesa, se la Russia avesse optato per un’invasione, l’Ucraina non sarebbe stata in grado di difendersi. Inoltre, Yatsenyuk ha espresso preoccupazione che in Crimea sarebbe potuto scoppiare “un conflitto etnico acuto” e che il governo ucraino non si poteva permettere d’essere accusato di un tale crimine. Yatsenyuk ha ventilato l’idea di rinforzare i negoziati politici con gli intermediari esteri per dare alla Crimea una maggiore autonomia, mentre nel frattempo l’Ucraina avrebbe dovuto ricostruirsi un esercito.
Gli altri partecipanti alla riunione, che hanno appoggiato l’idea del non intervento contro la Russia, sono stati il presidente della Banca Nazionale, Stepan Kubiv, e l’ex primo ministro Yulia Tymoshenko, che era stata liberata dal carcere negli ultimi giorni della rivoluzione. Tymoshenko ha sostenuto che Putin volesse giocare lo stesso scenario che si è svolto durante la guerra russo-georgiana del 2008: il presidente georgiano Mikheil Saakashvili ha attaccato le forze filo-russe che appoggiavano la regione ribelle dell’Ossezia del Sud, ma la Russia è intervenuta come un rullo compressore contro l’esercito georgiano e, ha proseguito: “Putin è solo in attesa che noi gli diamo uno spiraglio. Ricordate come Saakashvili ha inghiottito l’esca e ha perso! Non possiamo ripetere il suo errore. Vi sto invitando a pensare sette volte prima di decidere. Devo dire, che se avessimo una possibilità su 100 di vincere, sarei la prima a sostenere questa unica possibilità”.
Nel bel mezzo della discussione, il capo della Duma russa Naryshkin, ha chiamato Turchynov al telefono per “passargli le minacce di Putin”.
“Sergei Naryshkin, mi ha trasmesso le minacce di Putin – ha detto Turchynov al termine della telefonata – Mi ha spiegato che il presidente fosse pronto a prendere decisioni difficili in Ucraina. Forse intende inviare truppe non solo in Crimea. Mi ha spiegato che se dovesse morire un solo russo in Crimea, la Russia avrebbe reso tutta la leadership ucraina “criminali di guerra”.
Il capo dei servizi segreti Valentin Nalivaichenko nel frattempo, ha riferito che le truppe russe si stessero ammassando ai confini ucraini: “Gli americani e i tedeschi ci chiedono di non fare nulla, – ha chiarito Nalivaichenko – perché reagendo potremmo adirare Putin, che potrebbe avviare un’invasione su larga scala”.
Il Consiglio alla fine decise con il voto di non intervento, nel quale solo Turchynov si era dichiarato a favore dello stato di guerra. È in questa situazione che la Russia, dopo che il governo ucraino per paura di perdere l’intero paese gli aveva concesso la Crimea senza combattere, ha indetto un “referendum” farsa.
È tuttavia inconcepibile che Putin non sapesse quanto fosse debole l’Ucraina: aveva libero accesso all’intelligence; poteva parlare direttamente con il deposto presidente Viktor Yanukovich, che era appena fuggito in Russia; nulla gli vietava un’invasione. Inoltre, Putin non aveva bisogno di un ulteriore pretesto per intervenire: la Russia aveva già dichiarato il rovesciamento di Yanukovych come un “colpo di stato anti-costituzionale”, anche se il regime oppressivo dell’ex presidente ha avuto poco riguardo per la costituzione e aveva tradito il suo popolo. Forse Yanukovich avrebbe potuto firmare un tipo di richiesta di assistenza, come quella che funge da base per l’attuale azione militare della Russia in Siria, ma Putin non ha fatto nulla di tutto ciò. Non voleva invadere il resto dell’Ucraina e affrontare le epocali conseguenze internazionali. Voleva solo la Crimea, la base navale russa popolata principalmente da russofoni pro-Mosca. Yatsenyuk non si faceva illusioni sulla Crimea quando ha parlato della possibilità di un “conflitto etnico”.
Più tardi, quando la Russia ha sostenuto la rivolta separatista in Ucraina orientale, fornendo consiglieri militari, armi e, infine, le truppe, Putin è stato altrettanto attento ad evitare un’invasione in piena regola, anche se avrebbe potuto schiacciare l’esercito ucraino. Infatti, anche se il presidente ucraino Petro Poroshenko si è vantato che il suo esercito è ora “il più forte in Europa” la Russia ha ancora un vantaggio schiacciante nei numeri, attrezzature e formazione.
Durante il conflitto, Putin non è mai stato costretto dagli ucraini a tornare indietro; lui non vuole il palese controllo, a lui basta l’influenza politica ed economica. Vuole mettere in ginocchio l’Ucraina e che l’Occidente diffidi di integrarla nelle istituzioni europee. Finora, il piano sta funzionando: l’Ucraina rimane povera e lacerata da lotte intestine.
Saakashvili, ora governatore di Odessa, ha chiaramente imparato la lezione: sta costruendo una forza politica con il dichiarato obiettivo di pulire l’Ucraina dalla corruzione. Questo tipo di resistenza è potenzialmente più efficace che combattere Putin militarmente. I politici occidentali dovrebbero notare, che i vicini della Russia meriterebbero più aiuti indirizzati a costruire governi ed economie efficaci, piuttosto che pensare ad erigere nuove barriere militari, seppur necessarie.

Gabrielis Bedris